Cosa definiamo con il termine “Falso“?

In soccorso ci viene il dizionario della lingua italiana Treccani, che alla voce “falso” recita: 

«in genere si definisce falso tutto ciò che è sostanzialmente non vero, ma è creduto o si vuol far passare per vero»

Stringendo ancora di più il campo, l’analisi semantica del termine “falsificazione” è ancora più utile: 

“l’atto e l’effetto del falsificare; contraffazione dolosa di documenti, scritti, opere d’arte e biglietti di banca”.

Giacomo Furia, Peppino De Filippo e Totò in una scena del “La banda degli onesti”, 1956.

Riferito alla produzione artistica il falso è comunemente inteso quale oggetto realizzato con la precisa intenzione di ingannare circa l’autore e l’epoca della sua esecuzione; per lo più tale intendimento è confermato dal collocamento dell’opera sul mercato.

I falsi in pittura possono appartenere a differenti categorie:

copie tratte da originali esistenti, realizzate con intento di studio e in seguito fatte passare come originali; 

il falso “Bonaparte valica il Gran San Bernardo” scovato dai carabinieri a Cisterna.

falsi senza modello eseguiti nello stile di un preciso autore; 

Il falsario Hans Van Meegeren a confronto con Vermeer.

 – pasticci, cioè oggetti composti riunendo singoli elementi desunti da materiale autentico e spesso appartenenti ad uno stesso autore; infine alterazioni, manomissioni e adattamenti di opere esistenti, con l’intento di aumentarne il valore. Quest’ultima categoria è di gran lunga la più vasta tanto che spesso è più corretto chiedersi “fino a che punto è autentico, fino a che punto è falso?”. I Falsi “puri” sono relativamente rari, dato che, al momento della vendita, il clamore e l’esposizione che essi suscitano, non giova a nessun tipo di sotterfugio.

Salvator Mundi dal 1908 al 2011, dopo svariate ridipinture.

Quindi la differenza fondamentale tra copia, imitazione o falsificazione, non sta tanto nella diversità dei modi e tecniche di produzione, quanto nella intenzionalità di realizzazione.

Su quali elementi basare la propria indagine per comprendere se un oggetto è originale oppure è stato riprodotto o manomesso?

Elementi fondamentali rimangono la coerenza dei materiali, la qualità esecutiva e lo stile, eventuali firme o marchi, la datazione (questi ultimi facilmente imitabili). Molto importanti i documenti a sostegno della provenienza e paternità, le certificazioni ed expertise attendibili (non è raro che anche queste siano delle mistificazioni).

Copie e falsi, inoltre, essendo eseguiti in un certo periodo storico e culturale, accorpano inavvertitamente elementi del loro tempo, ovvero caratteristiche culturali del momento, compresa la moda dell’epoca, e sovente a posteriori riveleranno di appartenere a quel dato periodo storico per avere in se stili o elementi che non gli dovrebbero appartenere.

Un’imitazione dello stesso oggetto sarà quindi differente a seconda dell’epoca in cui è stata eseguita. Anche quando siano state ottenute con sofisticati procedimenti meccanici, questi elementi possono rivelarsi, consentendo una collocazione temporale diversa da quella dell’originale.

Da ciò si può dedurre lo strumento primario rimane sempre e comunque il giudizio estetico anche se tratto col sussidio di alcune scienze tecniche. Il metodo scientifico può raramente provare la falsità e quasi mai garantire l’autenticità di un dipinto. Tuttavia, va detto che, a differenza di ieri è ovviamente molto più facile smascherare l’inganno di una tela falsa, grazie alla varietà di strumenti scientifici resi disponibili dal progresso tecnologico.

Fino a qualche tempo fa, le analisi effettuate su un dipinto prevedevano il prelevamento di una parte,seppur piccola, del film pittorico. Oggi è possibile fare investigazioni non distruttive, senza che ci sia il bisogno materialmente di raschiare la tela.

Alcune indagini come la radiografia ai raggi X sono, ad esempio, in grado di rivelarci la materia originale celata sotto le ridipinture, ma non sarà certo una valutazione quantitativa a determinare se l’opera sia stata ricostruita in maniera determinante.

Caravaggio, “La buona Ventura”, 1593/95, Pinacoteca Capitolina, Roma. L’immagine a raggi X svela una Madonna.

Molte opere false sono state smascherate invece attraverso l’analisi chimica del colore, cioè identificando pigmenti ancora sconosciuti al tempo in cui il dipinto dovrebbe essere stato prodotto. Né il bianco di titanio né il bianco di zinco possono, ad esempio, essere stati utilizzati da un pittore del Settecento, in quanto i due pigmenti sono stati disponibili dal 1920 il primo e dalla fine dell’Ottocento il secondo. Anche la preparazione spesso contiene pigmenti bianchi o di altro colore che possono aiutare a smascherare un falso; inoltre il gesso utilizzato come inerte nelle preparazioni del nord Europa, prima del 1850 era disponibile soltanto nella sua forma naturale: l’esame al microscopio elettronico permetterà quindi di distinguerlo dal più recente prodotto artificiale. 
Naturalmente non vi dovranno essere dubbi sulla rappresentatività dei campioni analizzati che dovranno provenire da zone prive di ritocchi e non contaminate da altri materiali.

Lo studio delle caratteristiche pittoriche nella profondità della struttura del dipinto si avvale inoltre, da alcuni anni,della tecnica della riflettografia infrarossa che, rendendo spesso possibile l’osservazione del disegno preparatorio, contribuisce non poco a chiarire i dubbi sulla natura dell’oggetto.
Non di rado può accadere di documentare con la macrofotografia aspetti di sicuro carattere fraudolento, come nel caso di craquelure di invecchiamento interrotte in corrispondenza della pittura con cui è stata eseguita la firma , o altre anomalie della craquelure, elemento tipico di ogni antico dipinto che il falsario non dovrà mai trascurare.

Particolare della “Ragazza col turbante” di Vermeer, 1665/1666, Mauritshuis, L’Aia.

Le firme e le date dovranno, comunque , essere osservate attentamente in fluorescenza UV poiché, se sono state alterate, possono mostrare contrasti di luminosità anomali.

Esistono infine tecniche estremamente complesse e sofisticate che consentono di stabilire l’età dei materiali come la spettrometria di massa. Per la determinazione dell’età di un dipinto ad olio si studia il livello di radioattività del piombo contenuto in alcuni pigmenti utilizzati in pittura. Le reazioni di decadimento generano differenti isotopi il cui rapporto può variare in funzione del tempo e dell’origine geografica. La complessità dell’analisi e l’alto costo delle apparecchiature limitano comunque notevolmente l’impiego della spettrometria di massa nel campo dell’arte.

Ma a tutti questi strumenti di indagine i falsari opporranno una tecnica sempre più astuta impiegando materiali antichi, servendosi di trucchi sempre meno evidenti all’occhio fisico e a quello chimico. Si può quindi dire, che la storia della falsificazione e della scoperta dei falsi sia sempre accompagnata e solleciti le scoperte di nuovi mezzi di indagine fisica, chimica e storico artistica.
Recentemente la letteratura artistica si è arricchita di approfonditi studi sulle tavolozze utilizzate dai grandi artisti del passato. Manco a dirlo, i primi ad interessarsi alle nuove ricerche furono proprio i falsari. Dicasi lo stesso, per quanto riguarda il proliferare di tutte quelle fonti online che offrono una mole di dati che potrebbero benissimo esser utilizzati per scopi fraudolenti.
L’indagine per stabilire l’autenticità dei dipinti conduce perciò da un lato alla scoperta di sempre nuove caratteristiche tecnico-stilistiche, certamente utilissime alla ricerca storico-artistica, dall’altro stimola i falsari ad aggiornarsi costantemente.

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I discorso è diverso per quel che riguarda l’analisi dei supporti in tela. Contrariamente da quanto si possa immaginare, i supporti sono molto più difficili da valutare cronologicamente. Infatti, anche se è teoricamente possibile datare una tela dalla sua specifica tessitura, in pratica mancano riferimenti sicuri e rimane la sola certezza per le tele pre-trattate, in uso solo dalla fine del Settecento. Molta attenzione dovrà essere attribuita all’inchiodatura perimetrale ed al telaio originale nei rari casi in cui si siano mantenuti. I segni lasciati da questi lungo i margini della tela non devono però essere sottovalutati in quanto sono difficilmente riproducibili.

Per i supporti in legno di quercia utilizzati dagli antichi maestri fiamminghi, esiste un interessante esame che permette di datare con precisione l’anno di abbattimento della pianta che generalmente corrisponde, pur con un piccolo scarto, all’anno di esecuzione del dipinto. L’esame si basa sullo studio comparato della forma degli anelli di accrescimento annuali della pianta e prende il nome di dendrocronologia. è necessario essere sempre molto cauti prima di esprimere giudizi sull’autenticità di un’opera non limitandosi ai risultati di un singolo esame: in questo caso è necessario, ad esempio, valutare la possibilità che il dipinto abbia subito una sostituzione del supporto originale per un intervento di trasporto e ci si trovi, perciò, di fronte ad un’opera antica con un supporto recente, così come può avvenire che il falsario abbia riutilizzato un vecchio supporto e ci si trovi nella condizione opposta. 
Fori e gallerie di tarlo in superficie, otturati durante la stesura della preparazione, possono essere rivelate dalla radiografia ai raggi X. L’estrema attenzione che gli antichi maestri mettevano nel preparare le loro opere permette di escludere la possibilità che utilizzassero supporti in legno tarlati. Spesso però i falsari non si sono limitati a utilizzare vecchie tavole ma hanno dipinto le loro opere al di sopra di antichi dipinti di scarso valore. La rimozione della pittura originale non è sempre completa, sia per la difficoltà dell’operazione sia per i rischi di rovinare il prezioso supporto, cosicché alcuni esami come la radiografia possono rivelare la presenza di composizioni sottostanti di epoca posteriore rispetto a quella cui si presumeva appartenesse il dipinto. è inoltre da notare che in radiografia i falsi, come tutte le copie, spesso risultano piuttosto trasparenti ed uniformi, essendovi unicamente la preoccupazione di imitare la superficie visibile del dipinto, lavorando con cautela, senza spontaneità e col pennello poco carico di colore.

Poco rilevante, al fine di giudicare l’antichità di un dipinto è invece l’esame in fluorescenza ultravioletta. è vero che la pittura osservata alla “lampada di Wood” acquista, col passare degli anni, luminosità, e che i colori perdono le componenti bluastre assumendo una intonazione giallastra, ma il fenomeno, oltre ad essere difficilmente quantificabile, è influenzato dal materiale utilizzato in origine, dagli strati sovrapposti nel tempo e dalle condizioni di conservazione.

Fluorescenza indotta. Istituto Centrale per il Restauro

Un analisi molto importante da poter fare su un dipinto è anche quella focalizzata sulla firma e la data apposte al quadro. Più precisamente mi riferisco all’analisi grafologica.Un’opera firmata da un artista famoso è un oggetto che vede quasi sempre moltiplicarsi il suo valore di mercato e di cui l’autore non ne è necessariamente responsabile.

La perizia sulla firma, applicata anche al campo dell’arte, prevede l’ausilio di un altra figura professionale altamente qualificata, il grafologo. L’analisi grafologica della firma presente sul quadro, comparata con altre firme certe dell’artista, qualora fossero disponibili, può portare anch’essa alla dichiarazione di autenticità o apocrificità dell’opera stessa. Anche in questo caso il lavoro peritale consiste nell’analisi grafologica dello scritto in verifica e nel confronto con le grafie originali. Nell’eseguire una perizia grafica su scritti e/o firme, il grafologo individua con certosina pazienza i tratti tipici personali, cioè tutte quelle movenze grafiche più singolari che per lo scrivente hanno forza coattiva.

Essi sono determinati da spinte inconsce, “automatiche”, oppure fatte proprie per lontana e libera elezione di stile, cristallizzatesi poi in forma personale che l’artista non può modificare, se non con particolare sforzo attentivo e nervoso, ma mai in modo completo da non far trasparire le caratteristiche delle forze stesse. Un tracciato grafico, per quanto possa anche essere influenzato da situazioni particolari, è sempre una espressione della mano dell’individuo che, attraverso le diramazioni del sistema nervoso del braccio e della mano, è collegata al cervello: quindi ogni scrittura costituisce la proiezione del suo autore e delle sue caratteristiche tipiche. Stessa cosa può dirsi dello scorrere dello strumento sulla superficie di supporto.

Dopo tale approfondimento è possibile dichiarare se la firma è di sua appartenenza e di conseguenza anche la dichiarazione di paternità e di autenticità dell’opera d’arte. Questo lavoro può essere utile sia per il privato, che desidera sapere se possiede realmente un’opera di valore, sia alla Galleria d’arte che ha l’interesse a vendere opere di autori riconosciute e autenticate.

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